Filiera bioplastiche biodegradabili

C’È BIOPLASTICA E BIOPLASTICA

I principali materiali compostabili pienamente industrializzati e diffusi sul mercato possono essere suddivisi in quattro famiglie:

• Polimeri biodegradabili naturali da fotosintesi clorofilliana (polimeri naturali non modificati): ne sono un esempio polisaccaridi come l’amido e la cellulosa.

• Polimeri biodegradabili da fermentazione: un esempio sono i poliidrossialcanoati (PHA), biopolimeri prodotti principalmente per fermentazione di risorse rinnovabili e/o non rinnovabili.

• Polimeri biodegradabili sintetici (principalmente poliesteri): polimeri la cui materia prima può essere di diversa natura, rinnovabile o non rinnovabile (origine petrolchimica). Ne sono un esempio l’acido polilattico (PLA), il polibutilene succinato (PBS) o il polibutilene adipato tereftalato (PBAT).

• Polimeri biodegradabili naturali modificati (con additivi e filler): ne sono un esempio i polimeri a base amido (starch-based). Sono attualmente i prodotti più diffusi nel mercato e possono essere integralmente o parzialmente da fonti rinnovabili, a seconda dell’agente modificante utilizzato.

Quando si parla dei prodotti biocompostabili è facile cadere nell’equivoco, alimentato da una non corretta informazione, per cui il loro valore aggiunto sarebbe il poter essere smaltiti/dispersi nell’ambiente, senza preoccuparsi di conferirli correttamente nei circuiti di raccolta, visto che si tratta di prodotti “biodegradabili”. Come ogni altro manufatto qualsiasi prodotto in bioplastica richiede di essere gestito correttamente negli appropriati circuiti di intercettazione e riciclo. I manufatti in bioplastica non sono la soluzione all’abbandono dei rifiuti in mare o in altri ambiente (littering) e non per propri limiti intrinseci (anzi, tali manufatti, se dispersi incautamente nell’ambiente, comunque si biodegradano in tempi di gran lunga inferiori a quelli di altri materiali non certificati conformi alla EN 13432), ma  le soluzioni sono  sanzioni per chi commette l’atto di abbandono, l’educazione e sensibilizzazione dei cittadini e lo sviluppo di sistemi locali di gestione dei rifiuti adeguati ad evitare  il littering. Qualsiasi prodotto deve essere pensato, progettato e realizzato considerando gli impatti del suo fine vita e in connessione con un idoneo circuito di raccolta e recupero

LA FILIERA E LE APPLICAZIONI

La filiera delle plastiche compostabili è un sistema economico complesso che non si esaurisce unicamente in ambito industriale, bensì interessa una serie di settori economici ausiliari e a valle, in particolare quelli coinvolti nel fine vita dei manufatti compostabili: la raccolta, la gestione dei rifiuti, e il compostaggio. Anche il comparto agricolo è sempre più interessato sia come settore di sbocco dei film compostabili sia come settore di impiego del compost prodotto dagli impianti che trattano i rifiuti organici, oltre che una serie di prodotti chimici di base e intermedi viene realizzata a partire da fonti rinnovabili e da biomasse agricole.

I principali settori di applicazione delle bioplastiche biodegradabili e compostabili sono quelli riconducibili alla raccolta differenziata della frazione organica e degli sfalci erbosi (sacchi e sacchetti per l’umido usati in migliaia di comuni italiani), all’imballaggio e al consumo di alimenti (film, posate, catering), per trasporto merci (buste per la spesa, sacchi igienici per primo imballo alimentare), all’agricoltura (film pacciamanti, vasetti).

Annualmente Assobioplastiche, in occasione della propria Assemblea Generale, presenta un Rapporto realizzato dal Plastic Consult (https://plasticconsult.it/) con lo scopo di elaborare una puntuale caratterizzazione del settore rappresentandone la complessità e di analizzare criticamente la filiera grazie anche all’aggiornamento dei dati (fonti primarie). I Rapporti sono scaricabili nella sezione studi e ricerche del sito

IL CONTRIBUTO ALLA QUALITÀ DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA DELL’UMIDO

La filiera è interamente rappresentata: si va dalle aziende, nazionali e straniere, che producono i biopolimeri (con sempre maggior impiego di materie prime rinnovabili derivanti dall’agricoltura e suoi sottoprodotti), alle imprese che li trasformano in manufatti finiti alle ditte che li vendono sino al sistema di compostaggio nazionale che li ricicla nei propri impianti assieme ai rifiuti organici. Il valore aggiunto dei prodotti in plastica biodegradabile e compostabile – conformi allo standard EN 13432:2002 – è nella loro stretta connessione con la raccolta e il riciclo dei rifiuti organici (FORSU: umido domestico, scarti di cucine e mense, etc.) con cui condividono il fine vita: il riciclo negli impianti di compostaggio e/o digestione anaerobica. L’uso di manufatti compostabili è un elemento cruciale per garantire la qualità della frazione umida, e quindi del compost da utilizzare come ammendante per il suolo, in quanto permette di creare un rifiuto omogeneo dove sia contenitore che contenuto godono delle medesime proprietà di compostabilità.